Titoli: Per una teologia del Mediterraneo
Tipo di pubblicazione: articolo
Anno di pubblicazione: 2024
Autori: Marco Dal Corso
Rivista: IUSVEducation Supplemento al n. #24
Pagina: 98-104
Data di pubblicazione: novembre 2024
Editore: IUSVE – Istituto Universitario Salesiano
ISSN: 2283-642X
Come citare: Dal Corso, M. (2024). Per una teologia del Mediterraneo. IUSVEducation, Supplemento al n. 24, 98-104. https://www.iusveducation.it/per-una-teologia-del-mediterraneo/
Paper PDF: IUSVEducation_24_Supplemento_Dal_Corso_TEOLOGIA_MEDITERRANEO.pdf
Premessa
Vogliamo presentare il volume firmato a quattro mani da Claudio Monge e Giuseppina De Simone proponendo un percorso in tre tappe.
a. Imparare dal passato
Tra i saperi necessari all’educazione del futuro, Edgar Morin indica anche le assimilazioni e integrazioni interculturali. Il Mediterraneo, in questo senso, è testimone di una possibile convivenza anche interreligiosa oltre che interculturale. Al riguardo servano gli esempi della moschea di Damasco in Siria, dove è ben visibile il minareto di Gesù, divenuta nel tempo un luogo condiviso tra cristiani e musulmani; l’esempio della cattedrale di Cordoba in Andalusia, dove per volere di un califfo illuminato si sono coltivate buone relazioni con filosofi e teologi ebrei e cristiani e la cui architettura ancora oggi ricorda questa storia di confronto e dialogo; l’esempio della sinagoga di Djerba, isola tunisina, luogo visitato non solo da persone di fede ebraica, ma anche da musulmani. Più in generale, la sponda sud del Mediterraneo racconta delle comunità protette, i dhimmi come comunità che seppur sottomesse all’autorità dei califfi, hanno goduto di un trattamento molto diverso da quello riservato nel cristianesimo imperiale agli ebrei oppure nella Spagna della reconquista ai marranos e ai moriscos. In ascolto di questa storia mediterranea, possiamo infine formulare la domanda: che cosa imparare dal passato? La teologia pensata e vissuta dal Mediterraneo, cioè, sarà capace di riconciliare le memorie (oggi fonte di divisione) solo se capace di esprimere e vivere la sua dimensione penitenziale.
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