Titolo: Editoriale
Tipo di pubblicazione: articolo
Anno di pubblicazione: 2022
Autore: Michele Marchetto
Rivista: IUSVEducation #19
Pagine: 4-9
Data di pubblicazione: aprile 2022
Editore: IUSVE – Istituto Universitario Salesiano
ISSN: 2283-642X
Come citare: Marchetto, M. (2022). Editoriale. IUSVEducation, 19, 4-9. https://www.iusveducation.it/editoriale-19/
Paper PDF: IUSVEducation_19_Marchetto_EDITORIALE.pdf
Editoriale
Scrivo questo editoriale nell’ottavo giorno di guerra in Ucraina. Lo sconcerto, lo sgomento e l’angoscia che tutti proviamo aumentano se penso al momento in cui apparirà questo numero della rivista: come sarà il mondo, come saremo fra qualche settimana? In mezzo alla violenza delle immagini che ci raggiungono dall’Europa dell’Est, a sospendere in una riflessione retrospettiva il profluvio di informazioni e commenti, a volte anche retoricamente imbarazzanti, viene alla memoria una pagina poco nota di Sigmund Freud, dal titolo Caducità (Vergänglichkeit), scritta nel novembre 1915. Lo psicanalista vi ricorda una passeggiata nella florida campagna estiva in compagnia di un poeta, il quale, invece che rallegrarsene, resta turbato al pensiero che tutta quellabellezza sia destinata a svanire in una caducità inesorabile, che ne annulla il valore. Un anno dopo sarebbe scoppiata la prima guerra mondiale che, scrive Freud,
depredò il mondo delle sue bellezze. Essa distrusse non solo la bellezza delle campagne che attraversava, o le opere d’arte che incontrò sulla sua strada, ma infranse anche l’orgoglio che nutrivamo per le conquiste della nostra civiltà, il nostro rispetto per i molti pensatori e artisti, le nostre speranze per il definitivo superamento delle differenze tra nazioni e razze. Macchiò la superiore imparzialità della nostra scienza, mise a nudo la nostra vita pulsionale, scatenò quegli spiriti malvagi che albergano in noi e che ritenevamo definitivamente soggiogati dall’educazione secolare impartita dalle nostre intelligenze più preziose e nobili. […] Ci ha strappato gran parte di ciò che avevamo amato, e mostrato la caducità di ciò che avevamo ritenuto durevole e stabile (Freud 1982: 96-97).
Eppure, nella caducità, la vita continua, la vita attiva, non solo re-attiva, accompagnata, forse, da una consapevolezza nuova della relatività delle vicende umane. Istanze che sembravano assolutamente necessarie svaniscono ora nel superfluo; gerarchie di priorità vengono drasticamente ridimensionate; diventa un imperativo tornare all’essenziale dell’umano, offuscato dall’inumano che si ripresenta nella violenza della guerra, ma anche dal post-, iper-, trans-umano, tutte declinazioni di un antropocentrismo deviato e stravolto.
Come scrive Papa Francesco,
occorre sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo, che vale la pena di essere buoni e onesti. Già troppo a lungo siamo stati nel degrado morale, prendendoci gioco dell’etica, della bontà, della fede, dell’onestà, ed è arrivato il momento di riconoscere che questa allegra superficialità ci è servita a poco. Tale distruzione di ogni fondamento della vita sociale finisce col metterci l’un contro l’altro per difendere i propri interessi, provoca il sorgere di nuove forme di violenza e crudeltà (Papa Francesco 2015: n. 229).
Sulla strada indicata dal Pontefice cerchiamo di muoverci anche con l’umile contributo di questa rivista, nel promuovere il pensiero critico e la sensibilità interpersonale, il dialogo fra gli studiosi e con i lettori, l’educazione di tutti. In questa direzione vanno intesi gli articoli di questo numero, a partire dai primi due, esito di una lectio magistralis dei rispettivi autori, entrambi collocati nel contesto del progetto Iusve “Ecologia integrale e nuovi stili di vita”.
Mauro Mantovani (Interdisciplinarità e transdisciplinarità nell’Università Pontificia) prende le mosse dalle indicazioni epistemologiche contenute nella Laudato si’: il «tutto è connesso» di Papa Francesco trova sviluppo in una riflessione sull’inter- e sulla trans-disciplinarità così come si possono sperimentare all’interno di un’Istituzione accademica pontificia. La luce che ne illumina la promozione proviene dalla Costituzione apostolica Veritatis gaudium di Papa Francesco (8 dicembre 2017), in cui interdisciplinarità e transdisciplinarità sono indicate come uno dei criteri per il rinnovamento degli studi universitari, nella direzione di «una coraggiosa rivoluzione culturale» (Veritatis Gaudium, 3):
Ciò che qualifica la proposta accademica, formativa e di ricerca del sistema degli studi ecclesiastici, sul livello sia del contenuto sia del metodo, è il principio vitale e intellettuale dell’unità del sapere nella distinzione e nel rispetto delle sue molteplici, correlate e convergenti espressioni. […] Questo principio teologico e antropologico, esistenziale ed epistemico riveste un peculiare significato ed è chiamato a esibire tutta la sua efficacia non solo all’interno del sistema degli studi ecclesiastici: garantendogli coesione insieme a flessibilità, organicità insieme a dinamicità; ma anche in rapporto al frammentato e non di rado disintegrato panorama odierno degli studi universitari e al pluralismo incerto, conflittuale o relativistico, delle convinzioni e delle opzioni culturali (ibi: 4,c).
La trans-disciplinarità riguarda anzitutto una virtù del docente: non chiudersi nella sua disciplina e competenza, ma pensarsi e leggersi sempre in una prospettiva di apertura e di trascendimento. Non autoreferenzialità ma autosuperamento critico e prospettiva di arricchimento: dialogo a tutto campo con le altre discipline e con la storia in atto. Se ne possono intuire promettenti prospettive culturali, a livello epistemologico e sociale, antropologico e ontologico. Il documento papale, infatti, riconosce come fondamentale la promozione della ricerca condivisa e convergente fra specialisti di diverse discipline, e indica a tutte le istituzioni accademiche, non solo ecclesiastiche, di dotarsi di centri specializzati che approfondiscano il dialogo con i diversi ambiti scientifici. La crescente presa di coscienza dell’interdipendenza a livello globale obbliga tutti, provvidenzialmente, a pensare a «un solo mondo» e an«progetti sempre più comuni», di cui Mantovani prefigura alcuni elementi concreti di attuazione.
Sulla linea di una conversione, non tanto epistemologica quanto antropologica e politica, si colloca il contributo di Michelangelo Bovero (Fuori mercato), sviluppo della relazione tenuta dall’autore al Convegno “Land’s End: per la cura della casa comune” (Iusve, 21-22 aprile 2021). Partendo dalle domande classiche della filosofia della storia, rilanciate dalla pandemia di Covid-19, egli cerca di capire in quale mondo, in quale tempo, in quale umanità siamo capitati a vivere. Ne deriva una riflessione attraversata dall’ansia di scrutare verso dove stiamo andando, «e con la preoccupazione, la sollecitudine di discernere la direzione che dovremmo prendere, per trovare un mondo migliore». Questa prospettiva si fonda sulla critica “politica” di quell’ideologia neoliberale che «ha accompagnato, sostenuto e giustificato la creazione del mondo mercato», contribuendo anche a «promuovere e diffondere una specifica cultura antidemocratica, una concezione contraffatta e distorta della democrazia: verticistica, presidenzialistica, maggioritaria, antiparlamentare». Secondo Bovero, la pandemia ha rivelato che le minacce alla sopravvivenza del genere umano scaturiscono tutte dal modello di vita egemone, ossia dal paradigma sociale dominante dell’ultimo mezzo secolo: «dalla trasformazione del mondo in un ipermercato, dove tutto ha un prezzo e nulla ha dignità, tutto è offerto a consumo e nulla è preservato». Allievo di Norberto Bobbio, Bovero si sofferma sull’analisi di una pagina del maestro dedicata al rapporto fra capitalismo e democrazia, in cui il filosofo torinese ammonisce a «renderci conto che l’abbraccio del sistema politico democratico col sistema economico capitalistico è insieme vitale e mortale, o meglio è anche mortale, oltre che vitale». Se il genere umano vuol avere una possibilità di sopravvivere, non gli resta che sottrarre la de-mocrazia all’abbraccio mortale del mercato, perché il mercato non è la soluzione, ma ilproblema. La soluzione di Bovero rovescia il pensiero dominante, nella direzione della costruzione e della promozione di una teoria del mercato minimo. Si tratta di stabilire limiti e soglie alla sfera del «libero scambio»; di mettere fuori mercato la sfera dei beni vitali, garantendo universalmente i diritti fondamentali; di far nascere al posto del mercato altri modi di vita e di riproduzione della vita. In questo contesto si richiede un nuovo pensiero democratico, nella misura in cui democrazia e diritti fondamentali sono «solidali». I diritti fondamentali che fondano una democrazia, i diritti politici per cui ciascuno partecipa alle decisioni collettive, non si possono comprare né vendere: «il mercato politico, a partire dal mercato dei voti, snatura la democrazia, la uccide». Ma per «restaurare» la democrazia, occorre anche pensarla in modo nuovo: «non come una competizione tra fazioni decise a sopraffarsi a vicenda, ma come confronto dialettico, anche aspro, anche conflittuale, ma pacifico, finalizzato alla persuasione reciproca».
A completare la prima parte di questo numero di Iusveducation, dedicata alla riflessione sull’ecologia integrale alimentata dalla Laudato si’, tre contributi che toccano ambiti particolarmente esposti ad una deriva economicistica e tecnocratica: quello del crimine ambientale e quello dei media.
Marco Monzani e Sabrina Bugini (Nuovi sguardi per nuove consapevolezze in tema di criminalità ambientale) propongono il “Metodo Osservazionale” per analizzare situazioni criminali, in particolare di criminalità ambientale. Frutto dell’incontro fra la Criminologia Narrativa e la Visual Criminology, il nuovo metodo assume a fondamento di una corretta analisi di un fatto-reato la sua osservazione, dall’interno da parte dei soggetti direttamente coinvolti, o dall’esterno da parte di criminologi e operatori. Nederiva la valorizzazione del “punto di osservazione”, dal quale un soggetto narra lapropria storia, presentando una verità diversa da quelle narrate e presentate dagli altri soggetti coinvolti.
Quanto all’ambito dei media, dopo aver chiarito le tre fasi attraverso le quali si sono evoluti (i mass media, la media ecology e i social media), Giovanni Vannini (Media ed Ecologia Integrale. Complessità e responsabilità) riflette sull’esortazione di Papa Francesco ad avviare un radicale ripensamento del nostro essere media: non una quarta fase, ma «un nuovo modo di vedere, giudicare e agire come persone e media, per un’ecologia integrale dei media».
Per certi versi, a questo nuovo modo appartiene il percorso del fotografo Sebastião Salgado, al quale è dedicato il film Il Sale della Terra di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado. Cristiano Dalpozzo (Cinema ed ecologia integrale: Il Sale della Terra) ne fa una lettura critica, individuando nella solidarietà fra fotografia e cinema da una parte e realtà dall’altra l’emergere di modelli ecologici di riflessione e progettazione artistica. Sitratta di un’ecologia che non riguarda soltanto la salvaguardia dell’ambiente, ma che anche evidenzia la complessità delle relazioni di coesistenza fra fenomeni apparentemente eterogenei: tutto è connesso, tutto è in relazione, tutto co-esiste.
Il contributo di Dalpozzo trova il suo naturale compimento in Physis e forme ecologiche delle immagini d’arte. Architettura e natura, un controcanto di Milena Cordioli e Arianna Novaga, l’ormai consueto articolo per immagini che questa volta propone grandi fotografi, come Gabriele Basilico e Luigi Ghirri, e artisti storicamente molto rilevanti, come Félix Vallotton e Paul Cézanne. Il tema è la relazione fra l’uomo e la natura, considerato dal punto di vista del loro complesso equilibrio, «in un gioco di contrappesi, sbilanciamenti e tentativi perpetui – talora utopici, talaltra realizzabili – di riportare sullo stesso piano i piatti della bilancia»:
Se l’opificio antropico spesso impone la sua supremazia, la natura è altrettanto capace di riprendere i propri spazi, nutrendosi delle rovine della storia. Ma l’uomo continua ad avanzare nel desiderio di controllarne il corso e rinchiuderla entro i propri confini, in un costante e imperituro conflitto; e in tale ripetuto duello senza vincitori né vinti molti artisti hanno cercato, ipotizzato e immaginato un equilibrio di forze tra natura e architettura, alla ricerca di una visione pacificatrice generata dall’arte.
La seconda parte di questo numero di Iusveducation ha un’intonazione tutta psicologica: presenta infatti tre contributi dedicati rispettivamente alla resilienza, alla violenza domestica perinatale e alla ipersensibilità.
Gabriele Quinzi e Alessandra Bialetti (Tra virus e paura in tempo di pandemia) affrontano il tema della resilienza in relazione alla pandemia da Covid-19 e al sentimento della paura che ha provocato, soprattutto nei soggetti più vulnerabili come i bambini e i ragazzi. Gli adulti non sono in grado di evitare loro difficoltà, perdite, sofferenze e sconfitte. Tuttavia, sostengono gli autori, promuovendo la resilienza possono aiutarli ad acquisire le competenze necessarie a fronteggiare le crisi e a prepararsi alle sfide future.
Lara Fressini e Chiara Barbirato (Violenza domestica perinatale) si misurano invece con una fase della vita estremamente delicata come il periodo perinatale, in cui nella madre si verificano importanti cambiamenti fisiologici, psichici e relazionali, mentre nel figlio si sviluppano fondamentali strutture anatomiche e funzionali. L’attenzione delle autrici si concentra sulle conseguenze che potrebbero derivare dall’esposizione ad eventi stressanti in questa fase della vita, come, nelle donne, sintomatologie psicopatologiche, problematiche ostetriche o ginecologiche, disfunzionalità nel legame madre-bambino e nelle pratiche dell’allattamento, e nel figlio problematiche evolutive o funzionali e mutazioni epigenetiche. Inevitabile il ricorso a un’azione di prevenzione, screening e rilevazione dei casi, unitamente alla formazione del personale sanitario e alla costruzione di strumenti validati sulla popolazione di riferimento.
Infine Beatrice Signorotto e Giulia Boer (La personalità altamente sensibile) trattano il tema dell’ipersensibilità a partire dalle teorie della psicoterapeuta e ricercatrice Elaine Aron, sostenendo la tesi che una maggior consapevolezza in questo ambito possa portare a rivalutare il concetto di sensibilità, contribuendo al benessere delle persone ipersensibili e della stessa società. Dopo aver inquadrato gli aspetti teorici fondamentali, offrendo una definizione dei costrutti di sensibilità e ipersensibilità nelle loro basi neurobiologiche, le autrici approfondiscono le caratteristiche della personalità altamente sensibile riportando i risultati dei principali studi inerenti al tema.
A questo punto l’editoriale non sarebbe completo se non ritornasse al suo incipit triste e inquieto. Si è introdotto quanto si è fin qui descritto come una forma di vita attiva, della vita che prosegue nonostante l’improvvisa e imprevista esperienza del negativo che ci potrebbe annichilire. E nel nostro caso prosegue grazie al pensiero che non solo si fa parola, ma che ha anche l’ambizione di tradursi in azione e di suggerire azione. A conclusione della sua Vita Activa, Hanna Arendt osserva che, se siassumesse come unità di misura soltanto l’essere attivi, probabilmente il pensiero sorpasserebbe tutte le varie forme di attività che si svolgono entro la vita activa. E allora avrebbe ragione Catone quando dice: «Mai qualcuno è più attivo di quando non fa nulla; mai è meno solo di quando è solo con se stesso» (Arendt 20019: 242).Proviamo allora a concludere pensando la pace in questi termini, associandola all’equilibrio delle differenze, alla polarità libertà-verità e all’amore.
Per impedire la mescolanza dei popoli e per tenerli separati, [la natura] si serve di due mezzi: la diversità delle lingue e delle religioni. È vero che tale diversità reca con sé il germe dell’odio reciproco ed è pretesto di guerra; ma, con il progresso della civiltà e con il graduale avvicinamento degli uomini a un maggior consenso intorno ai princìpi giuridici, essa porta all’accordo e alla pace: e si tratta di una pace non dovuta certo all’indebolimento di tutte le forze, come avviene nel dispotismo (che ha le sue fondamenta nel cimitero della libertà), bensì prodotta e garantita dall’equilibrio di tutte queste forze nello spirito della più vivace libertà (Kant 1997: 115-117).
La libertà compiuta è possibile solo nella dedizione alla verità. Nessuna pace senza libertà, ma nessuna libertà senza verità. […] Se vogliamo pace e libertà, dobbiamo incontrarci in uno spazio della verità che stia prima di ogni divisione in partiti e di ogni presa di posizione, prima delle nostre decisioni e risoluzioni. Quando diventiamo liberi e autentici, torniamo continuamente in questo spazio comune, in cui restiamo uniti anche quando siamo avversari (Jaspers 1986: 180-181).
La statura spirituale di un’esistenza umana è definita dall’amore, che in ultima analisi è “il criterio per la decisione definitiva sul valore e il disvalore di una vita umana” [Benedetto XVI]. Tuttavia, ci sono credenti che pensano che la loro grandezza consista nell’imporre le proprie ideologie agli altri, o nella difesa violenta della verità, o in grandi dimostrazioni di forza. Tutti noi credenti dobbiamo riconoscere questo: al primo posto c’è l’amore, ciò che mai dev’essere messo a rischio è l’amore, il pericolo più grande è non amare (cfr. 1 Cor 13,1-13) (Papa Francesco 2020: n. 92).
Arendt, H. (20019). Vita Activa. La condizione umana. Bompiani.
Freud, S. (1982). Caducità. In Considerazioni attuali sulla guerra e la morte. Caducità (pp. 93-98). Editori Riuniti.
Jaspers, K. (1986). Verità, libertà e pace. In Verità e verifica. Filosofare per la prassi (pp. 177-191). Morcelliana.
Kant, I. (1997). Per la pace perpetua. Rusconi. Papa Francesco (2015). Laudato si’. San Paolo. Papa Francesco (2020). Fratelli tutti. Morcelliana.