Titolo: Seconda sezione. Dispositivi e metodologie
Tipo di pubblicazione: articolo
Anno di pubblicazione: 2024
Autore: Vari
Rivista: IUSVEducation Supplemento al n. #23
Pagine: 147-249
Data di pubblicazione: luglio 2024
Editore: IUSVE – Istituto Universitario Salesiano
ISSN: 2283-642X
Come citare: Aa.Vv.(2024). Seconda sezione. Dispositivi e metodologie. IUSVEducation, Supplemento al n. 23, 147-249. https://www.iusveducation.it/seconda-sezione-dispositivi-e-metodologie/
Parole chiave: spazio di apprendimento al lavoro, apprendimento sul posto di lavoro, dimensioni individuali, contestuali ed ecologiche, temporalità formative e lavorative, politiche formative, professionalizzazione dell’adulto, esperienza, invecchiamento sul posto di lavoro, trasmissione, situazione di apprendimento professionale, accompagnamento, accompagnamento collettivo, agire collettivo, Identificazione, Validazione, Certificazione delle competenze, Workplace Learning, posto di lavoro, coscienza pre-riflessa, presa di coscienza, esplicitazione, evocazione, implicito, analisi dell’attività, video-registrazione, sviluppo della conoscenza
Paper PDF: IUSVEducation_23_Supplemento_SECONDA_SEZIONE.pdf
Seconda sezione. Dispositivi e metodologie
Nella seconda sezione, “Dispositivi e metodologie”, rientrano sette contributi che analizzano alcuni dispositivi particolarmente cruciali nel WPL, come l’accompagnamento collettivo, la trasmissione e la condivisione dei saperi, nonché il riconoscimento degli apprendimenti acquisiti sul posto di lavoro. Una riflessione viene condotta sul ruolo delle temporalità formative e degli spazi di apprendimento nel contesto professionale. Gli autori presentano anche alcune metodologie particolarmente pertinenti, adeguate ed efficaci, come l’intervista di esplicitazione e l’uso del video per il riconoscimento e la valorizzazione degli apprendimenti che consentono di tradurre operativamente temi e approcci.
Natasha Kersh riflette sulla questione dell’apprendimento sul luogo di lavoro alla luce della nozione di «spazio professionale». In linea con queste prospettive di ricerca, gli spazi professionali e lavorativi vengono teorizzati non solo come contesti per lo sviluppo e la diffusione di competenze professionali, ma anche come contesti che possono giocare un ruolo importante nel contribuire allo sviluppo personale, nel migliorare le possibilità di vita e nel ridurre l’esclusione sociale. Il contributo prende in considerazione alcuni modi in cui questi spazi sono percepiti, costituiti e a cui viene dato significato attraverso le interrelazioni tra contesti e individui, con un particolare riferimento all’interpretazione dell’apprendimento sul, per e attraverso il luogo di lavoro. La considerazione delle complesse interdipendenze tra lavoro, apprendimento e individui (dipendenti) porta l’attenzione sul significato delle seguenti dimensioni: il ruolo dell’individuo (dimensioni individuali), l’accessibilità dello spazio di apprendimento (dimensioni contestuali), opportunità offerte dalle interazioni tra spazi e individui (dimensioni ecologiche).
Pascal Roquet affronta nel suo contributo un’analisi delle temporalità formative e lavorative nei dispositivi di professionalizzazione dell’adulto. Per mostrare quanto sia determinante la piena comprensione dei tempi formativi necessari per sviluppare attività lavorative stabili e durature, l’autore prende in esame alcune politiche formative realizzatesi in Francia negli ultimi anni, in particolare la formazione in situazione di lavoro. Tale politica è valorizzata all’interno delle politiche di formazione, trovando riconoscimento nella legge sulla formazione professionale, recentemente ripresa all’interno della legge del 2018 “Liberté de choisir son avenir professionnel”: i percorsi pedagogici definiti dal Codice del lavoro francese al fine di raggiungere un obiettivo professionale prevedono modalità in presenza, a distanza o in una situazione di lavoro.
L’autore mette in evidenza la tensione che può crearsi tra temporalità legate ai bisogni individuali di formazione, che richiedono tempi lunghi per giungere ad una qualificazione professionale, sviluppo professionale o personale, e temporalità politico-istituzionali, caratterizzate dal culto dell’urgenza, della soluzione veloce, che puntano alla rapida verifica dell’efficacia della formazione in vista del reinserimento lavorativo e dello sviluppo di carriera. Tale tensione può sfociare in un vero e proprio conflitto qualora a queste temporalità si dovessero aggiungere le specifiche temporalità istituzionali marcate anche dalla necessità della loro sostenibilità, perennizzazione e programmazione istituzionale.
Catherine Delgoulet sottolinea nel suo contributo come il ruolo dell’esperienza in situazione di apprendimento professionale risulti ambivalente quando si affronta il fenomeno dell’invecchiamento sul luogo di lavoro. A volte infatti l’esperienza è considerata un vantaggio, quando si tratta di trasmetterla, condividerla, capitalizzarla o riconoscerla nel quadro di dispositivi formalizzati (es. la Validazione e la Certificazione degli apprendimenti esperienziali). Può però anche essere concepita come portatrice di conoscenze e di competenze obsolete, se non addirittura devianti, che bisognerebbe piuttosto tacere e dimenticare. L’esperienza può così essere sia attesa che temuta, quando si tratta di pensare allo sviluppo delle competenze, a qualsiasi età, delle donne e degli uomini sul lavoro. L’autrice ritorna quindi sui dispositivi di apprendimento che possono sostenere la circolazione dell’esperienza e delle conoscenze, mettendone in luce le condizioni necessarie da soddisfare in fase di progettazione e di attuazione e le conseguenze in termini di conciliazione dei problemi di salute e di prestazioni sul lavoro.
Maela Paul ricostruisce nel suo contributo come la nozione di accompagnamento stia progressivamente evolvendo. In un primo tempo, infatti, l’accompagnamento è stato considerato come un binomio, basato su una relazione duale stabilita tra due persone o tra un professionista-accompagnatore e un gruppo, un’organizzazione, una famiglia, un insieme di persone in formazione. Nuove forme di accompagnamento emergono soprattutto in occasione di formazioni tra pari, che suscitano una nuova riflessione e orientano verso la concezione di «collettivi che si accompagnano». Paul sottolinea la necessità di avere nuovi punti di riferimento per progettare dispositivi in grado di agire in seno a queste forme collettive di accompagnamento, superando il vecchio modello pedagogico trasmissivo e impositivo, per considerare modelli capaci di «pensare insieme» e che presuppongono pratiche costitutive basate sulla discussione e il dialogo, di cruciale importanza soprattutto nei contesti professionali e lavorativi.
Philipp Assinger approfondisce nel suo contributo il tema del riconoscimento degli apprendimenti acquisiti (Recognition of Prior Learning – PLR). All’interno della nozione-ombrello di RPL rientrano diversi approcci che affrontano la questione del riconoscimento dell’apprendimento, accomunati dal fine di cercare di rendere visibile l’apprendimento sul luogo di lavoro e di sostenere le fasce svantaggiate della popolazione adulta nell’acquisizione di qualifiche o nell’accesso all’istruzione. La relazione tra riconoscimento dell’apprendimento e luogo di lavoro sembra semplice, avverte l’autore, ma uno sguardo più attento rivela difficoltà concettuali: tra queste, i significati stessi che vengono attribuiti all’apprendimento, come acquisizione di una conoscenza o come forma di partecipazione alla vita collettiva lavorativa. La scelta concettuale del secondo significato, ad esempio, ha delle implicazioni non solo nella riconsiderazione delle circostanze contestuali nei luoghi di lavoro, ma anche a livello di valutazione degli apprendimenti ivi acquisiti. Assinger distingue l’RPL tradizionale da quello sul luogo di lavoro e, nel confrontarli, evidenzia e incoraggia la discussione scientifica ad approfondire il rapporto tra le due forme di RPL.
Mariachiara Pacquola, nei due contributi collocati alla fine della seconda sezione sottolinea le potenzialità dell’indagine qualitativa dell’attività lavorativa focalizzando l’attenzione sui modi e le condizioni in grado di permettere ai ricercatori-formatori di accedere alle conoscenze tacite, produrre nuove conoscenze individuali e collettive, modificare i comportamenti organizzativi, aumentare il poter agire dei singoli e del gruppo e trasformare le situazioni lavorative.
La constatazione di partenza è l’accettazione di un dilemma tra il dire e il fare, e che non è possibile ridurre quest’ultimo ad un discorso sul fare stesso in quanto la semplice verbalizzazione non riesce ad afferrarlo in tutta la sua complessità.
Affrontare questo dilemma significa quindi interessarsi al rapporto delle verbalizzazioni dell’attore rispetto alla sua azione, alla sua attività, esaminando le condizioni di produzione delle verbalizzazioni che documentano l’agire, o meglio, la logica dell’azione, il modo in cui l’attore e/o gli attori costruiscono e vivono la situazione. L’autrice entra nel merito di alcune metodologie costruite con il fine di documentare l’attività reale per far parlare il lavoro favorendo, tramite il linguaggio, l’argomentazione, l’esplicitazione dello svolgimento dell’azione lavorativa. Il linguaggio infatti rappresenta una parte costituiva del lavoro, una risorsa di produzione e di mediazione attraverso cui si svolge una pratica professionale: esso viene preso in considerazione dal ricercatore-formatore come uno strumento di costruzione di significati e di interpretazione dell’azione. Il linguaggio, infine, costituisce uno dei metodi di accesso per scoprire, e studiare la zona enigmatica, nascosta, del lavoro e accedere ai saperi esperienziali sedimentati nel tempo e per loro natura taciti, laconici e invisibili posseduti dagli esperti nelle organizzazioni. Questa nuova classe di metodologie di indagine qualitativa dell’attività lavorativa centrate sul fare parte quindi dal presupposto che non è possibile raggiungere l’obiettivo di esplicitare l’attività reale in situazione né con una semplice osservazione della situazione, né con una semplice intervista agli attori che hanno realizzato l’azione.
The changing nature of the learning space at work: dimensions, issues and concepts
N. Kersh
(pp. 148-161)
Processus de professionnalisation et temporalites des apprentissages d’adultes
P. Roquet
(pp. 162-175)
Circulation de l’experience et des savoirs au travail : trois registres de pertinence pour la conception des dispositifs d’apprentissage
C. Delgoulet
(pp. 176-195)
Concevoir et orchestrer un « collectif accompagnant »
M. Paul
(pp. 196-211)
Recognition of prior learning: reflecting on approaches in- and outside the workplace
P. Assinger
(pp. 212-225)
Ricostruire l’azione attraverso l’esplicitazione del vissuto dell’azione: l’Intervista di Esplicitazione di Vermersch
M. Pacquola
(pp. 226-235)
L’uso dei video in situazione di lavoro per la formazione e la ricerca
M. Pacquola
(pp. 236-250)
Keywords: learning space at work, Workplace Learning, individual contextual and ecological dimensions, training and working time, training policies, professionalisation of adults, experience, ageing at work, transmission, professional learning situations, accompaniment, collective support, collective action, Recognition of Prior Learning, workplace, pre-reflected conscience, awareness, explicitation, evocation, implicit, activity analysis, video-recording, knowledge development